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Colori Pantone: cosa sono e come usarli

Facciamo finta di dover comunicare a un’altra persona un colore. Ma non un colore qualsiasi, no, proprio quel colore che vediamo davanti ai nostri occhi. Non un generico rosso chiaro, non un generico blu-verde, non un generico giallo canarino: quel rosso chiaro, quel blu-verde, quel giallo canarino. Come fare? La gamma delle possibilità è enorme, partendo dal presupposto che noi siamo in grado di distinguere circa 150 tinte diverse. Ma non è tutto qui: ogni diversa tinta, in base al livello di saturazione e di luminosità, può essere molto diversa, tanto da poter affermare che il numero di colori che siamo in grado di vedere non è più di 150, bensì di oltre 7 milioni. Ma pochi di questi colori hanno un nome: figuriamoci poi chi sarebbe in grado di memorizzare e di comunicare poi quei nomi a qualcun altro con la certezza di essere compreso! E se adesso comunicare dei colori ci sembra difficoltoso, dobbiamo sapere che nel passato la situazione era persino peggiore: basti pensare che fino al Cinquecento in Europa non esisteva nessun nome per indicare l’arancione, anche se di fatto questo colore esisteva già nella vita degli italiani (basti pensare a certe foglie d’autunno, a certi fiori, a certi frutti e via dicendo). É a partire da queste basi che qualcuno ha pensato bene di creare un sistema universalmente per indicare in modo certo i vari colori: parliamo, ovviamente, dei famosi colori Pantone.

La storia dei colori Pantone

Quello dei colori Pantone, va detto, non è in assoluto il primo sistema pensato per “individuare” i vari colori. Altri ci avevano già provato in passato, pur non arrivando a nessun sistema complesso e ricco come quello definito dalle odierne mazzette Pantone. Un tentativo fu fatto per esempio già nel 1692 da un tale Boogert, un artista, che realizzò dei libri volti a dare una nomenclatura ai colori.

Nel corso del Novecento, tra le esigenze della tipografia e quelle della moda, solo per citarne alcune, il bisogno di avere riferimento sicuri per “parlare” di colore venne crescendo. Così Lawrence Herbert, un chimico impiegato presso una tipografia del New Jersey, iniziò a pensare a un metodo per semplificare le cose: era il 1962, e la tipografia in questione – specializzata nella stampa di cartelle colori per l’industria cosmetica – si chiamava Pantone. Lo stesso anno Herbert rilevò tra l’azienda, e tra le prime cose che fece ci fu per l’appunto la stampa della prima guida Pantone: si trattava semplicemente di una guida di 10 colori, ognuno corredata da una formula esatta per ottenere le diverse tonalità. Da allora le guide Pantone sono andate ampliandosi sempre di più, dando nomi precisi ai diversi colori che vediamo nel mondo della stampa e non solo. Oggi sappiamo per esempio che il rosso usato per stampare i tori del noto logo Red Bull si chiama PMS 192 C, che il blu di Facebook è il PMS 2131 C, e via dicendo.

Attualmente Pantone ha individuato circa 2.000 colori, qualcuno in meno per il mondo della stampa, qualcuno in più per quello del design, della moda e dell’arredo. Al fianco delle guide Pantone ce ne sono peraltro altre, prodotte da altre aziende. La popolarità dei colore Pantone è però difficile da battere, men che meno quella della guida base Pantone, ovvero la Formula Guide, composta da due mazzette (per carta patinata e per carta non patinata).

Come usarli

I colori Pantone ci aiutano a identificare tantissimi colori: quando parliamo di pantoni parliamo infatti di tanti colori diversi. I quali però, va ricordato, sono tinte piatte, che vengono stampate con inchiostri premiscelati, diversamente da quanto avviene nel mondo della quadricromia e dei colori CMYK. I colori Pantone possono quindi essere utilizzati come riferimento, possono essere usati come indice certo nel mondo della stampa offset, ma non sono il punto di riferimento migliore quando si parla di stampa digitale.

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